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Z come zen (sì, con la minuscola)
La parola “zen” mi piace per tre motivi:
- Comincia con l’ultima lettera dell’alfabeto (amen!)
- Chiude finalmente un percorso che si è aperto diversi anni fa (doppio amen!)
- Il suo significato rappresenta un punto di arrivo per ogni persona.
Naturalmente questo non è un articolo serio sulla filosofia Zen, della quale non conosco assolutamente nulla, semplicemente amo il suono di questa parola che mi riporta alla mia infanzia, a quando guardavo Karate Kid e desideravo la calma e la pacatezza del maestro Miyagi, metti la cera, togli la cera.
In realtà ciò a cui mi riferisco è una sorta di zen tascabile, uno zen con la lettera minuscola, un atteggiamento più che uno stato, ovvero quella calma interiore che deriva dall’avere quasi tutte le attività quotidiane sotto controllo (il “quasi” è necessario).
Però poi a pensarci bene l’organizzazione ti rende un po’ una persona zen per davvero, trasformando l’atteggiamento in uno “stato” vero e proprio a cominciare dalle piccole cose, perché cambia in primis il modo di pensare e conseguentemente anche quello di agire.
Il viaggio nell’organizzazione non è stato sempre piacevole, ho incontrato anche persone che non valeva la pena di incontrare e fatto esperienze che non avrei voluto e dovuto fare, ma mi sono servite a capire che l’organizzazione è un valore in sè e non dipende da chi te lo “vende” e cerca di speculare sulla tua buona fede.
Ho voluto tenere il tiro di questo alfabeto volutamente “alto” e poco pratico, in modo che ciascuno fosse in grado di ricavare dalle mie parole la propria motivazione personale nel seguirmi in questo viaggio e devo dire però che il viaggio l’ho fatto io per prima acquisendo man mano una comprensione profonda delle ragioni di questa passione che adesso fa parte di me.
Non so perchè in realtà l’organizzazione personale non venga presa troppo sul serio e venga considerata come qualcosa di effimero, che sì serve però anche se non ce l’hai è lo stesso (io-nel-mio-casino-trovo-tutto), non so perchè a volte ci sia l’orgoglio, quasi l’ostentazione del vivere alla giornata, stressati, indaffarati, incasinati. Veramente, non ho la risposta, mi piacerebbe aprire un dibattito su questo.
C’è poi chi tende all’organizzazione dell’apparenza, di bell’aspetto, dell’ordine fine a sè stesso, quasi disfunzionale (l’agenda iperdecorata senza spazio per gli appuntamenti, l’ordine geometrico nei cassetti della biancheria…). Forse si cercano altre cose.
Per me invece l’ordine, l’organizzazione, sono sempre il punto di origine mai di arrivo. Il mio obiettivo non è mai stato quello di essere una persona più organizzata, ma più profonda (con più tempo a disposizione per leggere o studiare), più attenta (alle scadenze sul lavoro, alle esigenze della famiglia e a quelle degli amici), più consapevole (dell’uso del mio tempo e delle mie energie), più sana (ricordando i controlli medici o migliorando l’alimentazione), più serena (perchè più presente), insomma…più zen!
Spero che questo viaggio fra le parole dell’organizzazione ti sia piaciuto quanto è piaciuto a me. Ma non andare via, il mio progetto continua!
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W,X,Y come Work-life Balance, X-Factor, YOLO
Lo ammetto, non è stato facile trovare tre argomenti per altrettante lettere dell’alfabeto dell’organizzazione così particolari, ma all’improvviso è comparso il fil rouge che tutto lega insieme, quasi per magia.
“You Only Live Once” – si vive una volta sola, “YOLO”, è il nuovo stile di vita a cui ci hanno abituato singolari eventi degli ultimi due anni, quando abbiamo toccato con mano il detto “oggi ci siamo, domani non ci siamo più”. YOLO è il il cambio di prospettiva che ci fa rivalutare tutte le scelte sulla base di un unico grande presupposto, la precarietà, non più solo lavorativa, ma totale.
YOLO è la nuova lente da cui osservare il mondo, un modo per dare valore a ciò che conta veramente, un “decluttering come stile di vita” che elimina dalle nostre vite tutto ciò che svaluta noi e il nostro tempo e ci porta verso scelte più gratificanti.
You Only Live Once, quindi dimmi: cosa è davvero prioritario per te? Dove vuoi che vadano a finire le tue preziose energie?
YOLO mi porta naturalmente verso il concetto di Work- Life Balance, equilibrio fra la vita privata e la vita lavorativa. Negli ultimi tempi se ne parla sempre di più, non solo perché il periodo ci ha messo a dura prova e molte famiglie questa prova non sono riuscite a superarla, ma anche per via della crescente complessità in tutti i settori della vita.
Il moltiplicarsi delle possibilità di scelta a tutti i livelli, in ambito familiare, individuale, lavorativo eccetera, richiede un diverso livello di flessibilità che il mondo del lavoro italiano fatica a supportare.
Il fatto che un datore di lavoro non sia in grado di rispondere a questa sfida però, non annulla automaticamente la richiesta dall’altra parte e, come abbiamo imparato, se esistono le condizioni, è probabile che una persona si muova alla ricerca di un impiego che soddisfi anche le esigenze di equilibrio fra vita personale e lavoro perchè solo quando entrambi gli aspetti sono appagati una persona può dare il meglio di sè in tutti i settori della propria vita e crescere.
L’organizzazione può essere il perno su cui innestare questa bilancia che tiene tutto in equilibrio, una specie di X-Factor, un super potere, che trasforma le fatiche quotidiane in un coloratissimo gioco.
E qui veniamo all’ultima questione: ci si nasce con l’X-factor dell’organizzazione o ci si arriva a forza di errori o tentativi? Nel mio caso vale la seconda.
Tutti i consulenti di organizzazione lo dicono (e vengono pagati per quello), l’organizzazione si può imparare, basta applicarsi. Se poi, da individuo senza l’X-Factor, l’organizzazione la vuoi trasmettere, hai un vantaggio in più, perchè sei in grado di comprendere quali sono le difficoltà che incontra una persona che organizzata non lo è.
Che ruolo hanno queste bizzarre lettere dell’organizzazione nella tua vita?
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V come Vuoto
Il suono della parola “vuoto” mi provoca una leggera vertigine. E’ un termine che mi fa venire in mente una serie di situazioni completamente contrastanti: il vuoto degli astronauti che fluttuano nell’oscurità, il vuoto del portafogli quando viviamo una situazione lavorativa instabile, il vuoto “incolmabile” di una persona che ci ha lasciato per sempre, il vuoto di un appartamento appena acquistato per un nuovo inizio.
E’ normale che il vuoto ci destabilizzi, è “un’entità” che porta con sè così tante possibilità da lasciarci paralizzati, indecisi, immobili.
Come dobbiamo rapportarci quindi con il vuoto?
Siccome il vuoto in fondo un po’ ci spaventa, cerchiamo di compensare questa strana sensazione agendo esattamente al contrario. “Riempire” ci fa stare bene, è un atto che colleghiamo a sensazioni positive. Avere tante cose ci dà sicurezza: il frigo e la dispensa piena di cibo, le scorte di detersivi, l’armadio stracolmo di abiti, l’all-you-can-eat che riempie la pancia, il secondo o terzo esemplare di utensile perchè “non si sa mai”, l’agenda fitta di impegni che ci dà la sensazione di essere indispensabili.
Poi però a un certo punto qualcosa va in blocco: gli oggetti diventano troppi, cominciano a prendersi tutto il nostro tempo, pretendono cure e attenzioni, improvvisamente le possibilità diventano certezze, legami, obblighi e noi ci sentiamo soffocare.
Pensiamo di essere più ricchi quante più cose possediamo, in realtà è vero il contrario. Il vero lusso è stare comodi nel vuoto, sostituendo la sensazione di sicurezza con quella di appagamento.
La possibilità di disporre un solo oggetto bello sul ripiano della libreria che appaga lo sguardo è un lusso.
Potersi concentrare su una cosa alla volta è un lusso.
Frequentare solo persone che ci arricchiscono è un lusso.
Facciamo pace con la sensazione di vuoto, che in realtà è bisogno di spazio, di vivere ritmi più umani e relazioni più appaganti con tutto ciò che ci circonda, cose, persone, tempo.
Come vivi la tua relazione con il vuoto? Ti destabilizza o ti piace? Raccontamelo nei commenti.
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U come Umiltà
Ho fatto un errore. Ho cominciato a scrivere questo alfabeto sull’onda dell’entusiasmo pensando che la passione mi avrebbe sostenuto nel compito mentre, col senno di poi, mi sono resa conto che se avessi programmato i post con una certa logica, il lavoro sarebbe stato senz’altro più organico.
Tuttavia, cominciando a scrivere la lettera “U” ho realizzato con una piacevole sorpresa che le lettere mancanti, proprio come gli ultimi pezzi di di un puzzle, si incastrano perfettamente al loro posto.
L’umiltà è come la rete che tiene insieme tutto quello di cui abbiamo parlato finora; la capacità di delegare, quella di lasciare andare, saper chiedere aiuto o dire di no, avviare un percorso di crescita personale e tante altre interazioni ancora.
Debolezza o autenticità?
Nel pensiero di molti, la parola “umiltà” è sinonimo di rassegnazione e scarsa autostima e ha prevalentemente un’accezione negativa, specie in questi tempi in cui sono gli oggetti e la pubblicità a definire anche il nostro mondo interiore (come nella pubblicità – perchè io valgo!).
In realtà l’umiltà non riguarda l’essere remissivi o sottomessi, piuttosto ha a che fare con la completa accettazione dei propri limiti e con la consapevolezza delle proprie debolezze ed è difficilissima da fingere.
Umiltà e organizzazione
Che legame c’è quindi fra queste due realtà? L’organizzazione arriva quando l’umiltà le apre la porta, quando si prende atto che, così, non si può proprio andare avanti.
L’umiltà manca quando infiliamo centomila impegni in una giornata pensando di poter arrivare dappertutto senza pagare un prezzo, quando ci rendiamo conto che per fare una cosa abbiamo bisogno di aiuto ma ci intestardiamo a fare da soli, manca quando ne facciamo una questione di soldi e non di tempo, manca quando pensiamo di poter tenere tutto a mente.
Manca tutte le volte in cui pensiamo di fare le cose meglio degli altri e quindi le facciamo sempre e solo noi. Manca quando ci crediamo indispensabili.
Sono umile, invece, quando ammetto di avere bisogno di aiuto e di essere in difficoltà, di non avere tempo, di non fidarmi degli altri.
Ed è proprio dall’umiltà, che altro non è che la presa di coscienza dei propri limiti, che scaturisce la crescita, il desiderio di migliorarsi e di creare attorno e dentro sè stessi il giusto spazio per il miglioramento personale e della propria condizione, che potrà avvenire attraverso l’organizzazione.
Che ne pensi del legame che c’è fra organizzazione e umiltà? Non così immediato o, al contrario, logico? Sono curiosa di conoscere la tua opinione nei commenti.
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T come Tempo (il denaro è il tempo)
Nell’organizzazione, fondamentalmente, tutto è teso a salvaguardare, o generare, tempo. Anche quando ci occupiamo di spazio, in realtà ci occupiamo di tempo; liberare lo spazio equivale a velocizzare il riordino o le pulizie, avere un posto per ogni cosa ci permette di riuscire a usare quello che ci serve al momento giusto. In pratica, l’organizzazione sta al tempo come la pietra filosofale al normale metallo.
Tutti conoscono il detto “Il tempo è denaro”, ma io direi che oggi è vero piuttosto il contrario: non è più il denaro a muovere la nostra economia, ma il tempo.
Ci hai fatto caso? Da qualche anno è tutto un proliferare di nuove attività che fondano il proprio successo economico sulla possibilità di comprare tempo, sotto forma di servizi, in cambio di denaro. Sto parlando di take away, ormai sempre più specializzati e personalizzati, servizi di delivery sia per mangiare che per la spesa di casa, palestre che promettono risultati in un terzo del tempo al doppio di un normale abbonamento, parrucchieri, estetiste e in genere qualsiasi attività economica aperta in pausa pranzo o in orario serale/notturno.
E’ in corso un ribaltamento del concetto di “costo”: mentre una volta beni e servizi erano valutati in base alla qualità delle materia prima, della lavorazione o del costo orario, quindi in base alle leggi del mercato e dal punto di vista del produttore, ora sempre più spesso la valutazione viene effettuata dall’acquirente in base al tempo risparmiato/guadagnato rispetto al fai da te. Mi spiego meglio: supponiamo che compri un pantalone e che abbia bisogno di accorciarlo. Supponiamo anche che la sarta per fare un orlo mi chieda 10 euro. Il prezzo è giusto?
Se valuto questo costo dal punto di vista della sarta possiamo al limite stabilire se il prezzo è in linea o meno col mercato, ma è indubbio che se l’orlo lo dovessi fare io che non sono capace, ci metterei almeno il triplo del tempo con il rischio anche di rovinare il capo. Per capire se 10 euro per un orlo sono tanti o pochi, lo valuto quindi in base a quanto tempo guadagno: per 10 euro ho comprato due ore di tempo, il tempo che probabilmente ci metterei io per fare un orlo. Per me, che non so cucire e sono spesso di corsa, il prezzo è molto conveniente!
Sono certa che se ragionassimo più spesso in questo modo, lasciando fare a ognuno il proprio mestiere, l’economia e la vita in generale girerebbero cento volte meglio.
Il tempo quindi è la vera ricchezza. Le attività time consuming (i social, il cellulare prima di dormire, la maratona di telefilm davanti alla tv, l’inutile burocrazia ecc.), sono come un buco nelle tasche, soldi che cadono a terra, puro spreco.
Non per questo dobbiamo però riempire di attività ogni singolo momento, ma dobbiamo fare in modo che ogni singolo momento valga. Un’ora passata a discutere con persone da cui non imparo nulla, è tempo perso. Un’ora passata a fare una passeggiata sulla spiaggia ad assorbire sensazioni, luci, suoni, colori che hanno reso quell’ora ora un’esperienza, equivale a comprare un’opera d’arte. Un “tempo di valore” che rimane nella mia anima e al quale mi posso sempre rivolgere per ricaricarmi e arricchirmi di sensazioni, di Vita!
Il tempo è come il denaro, ma il denaro non vale tanto quanto il tempo: i soldi che ho prestato un giorno mi verranno restituiti, il mio tempo invece non tornerà e l’unica cosa che importa è fare “buoni investimenti”.
E quando “spendo” quella moneta per comprare qualcosa di unico, che riempie la mia vita e quella delle persone che amo, è come se vincessi la lotteria tutte le volte.
Che rapporto hai con il tempo? Hai mai pensato di rivolgerti a un “consulente del tempo” come ti rivolgeresti a un consulente finanziario? Parliamone nei commenti!
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S come Sistema (un Sistema è per sempre)
I sistemi sono il punto di arrivo di una buona organizzazione e funzionano perchè contrastano la tendenza della nostra mente a chiudere i cerchi aperti.
Ma come?? Fino ad ora non abbiamo fatto altro che parlare di quanto l’organizzazione aiuti a trovare la pace proprio chiudendo sti benedetti cerchi e ora affermiamo l’esatto contrario? Esatto, seguimi e ti dirò perchè!
Un sistema è un insieme di operazioni, ottimizzato e ripulito da tutte le sbavature possibili, che permette di portare a termine un compito, solitamente complesso e frustrante, più velocemente e senza fare fatica.
In organizzazione è sempre meglio lavorare sui sistemi piuttosto che sulle soluzioni estemporanee perchè, una volta messo a punto, un sistema può essere trasferito sia in altri luoghi che ad altre persone, senza dover reinventare la ruota ogni volta. Su questo concetto si fonda la base, anche educativa, del professional organizing: aiutare le persone a trovare soluzioni personalizzate che possono quindi essere replicate con successo.
Un sistema insomma è per sempre. Anche cambiando location, infatti, è molto probabile che il metodo che abbiamo messo a punto funzionerà o potrà divenire comunque un’ottima base di partenza per la realizzazione di un altro processo. I sistemi richiedono tempo per essere costruiti, ma ripagano presto in temini di serenità, tempo ritrovato e migliore qualità di vita.
Con un metodo si può studiare, lavorare, portare a termine progetti piccoli e grandi, ma è soprattutto quando dobbiamo gestire processi interminabili che il sistema dà il meglio di sè (tipico caso, il bucato, ne abbiamo parlato in un post apposito proprio qui, ma in genere qualsiasi lavoro fatto per essere disfatto oppure ripetuto all’infinito) perchè, focalizzando l’attenzione su un solo aspetto alla volta, azzera l’ansia del risultato.
Torniamo ai nostri cerchi aperti: quando abbiamo tante cose da fare ci sentiamo sopraffatti non tanto per la mole di lavoro, ma soprattutto per non sapere come o quando portare a termine tutto quanto. Non lo dico io, ma il geniale David Allen, che sulla creazione di un sistema “blindato” per gestire il flusso di lavoro ha costruito tutta la sua carriera.
In realtà l’attitudine della nostra mente a voler portare a ternine tutte le operazioni iniziate in sè non è nè buona nè cattiva, è semplicemente uno “stato” che va compreso per poi essere usato a nostro vantaggio.
I cerchi aperti, è vero, succhiano via tanta energia, ma se questi cerchi sono stati aperti grazie a un sistema questo non accade, o accade molto meno, perchè ogni sequenza è definita, conosciamo il prossimo passo e sappiamo di poterci fermare e ripartire in ogni momento. Lo stesso discorso, oltre che per il tempo, vale anche per lo spazio: se la casa è organizzata con un sistema logico, potrà essere solo momentaneamente disordinata, basterà la metà del tempo, ma anche meno, per riportare ordine e tranquillità.
I sistemi che uso per facilitarmi la vita sono tanti, ma quelli che preferisco sono il GTD , le liste pronte (per il mare, per il centro estivo, per la valigia, per la borsa dell’ufficio) e le routines domestiche di cui abbiamo parlato nel post precedente; il primo mi aiuta a gestire tutta la vita familiare e lavorativa piena di impegni e di cose da ricordare, con le liste riesco a muovermi più velocemente e grazie alle routine domestiche la montagna del bucato non mi ha ancora seppellita.
Ora sono curiosa di sapere se anche tu utilizzi qualche sistema creato da te o da altri per portare a termine le cose a casa e sul lavoro, se ti va puoi condividerlo nei commenti!
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R come Routines (il tuo pilota automatico)
Da bambina, mentre aspettavo la mamma dalla parrucchiera, leggevo spesso i settimanali femminili e, al tempo, mi pareva che la cosa da fuggire come la peste fosse la temutissima “routine matrimoniale”, causa di innumerevoli naufragi di coppia.
Perciò sono cresciuta pensando che “routine=male”, concetto che, unito a quello di “faccio quello che mi sento” ha caratterizzato tutta la mia adolescenza e buona parte dell’età adulta con il risultato di rendere le mie giornate una sorta di affannata corsa agli ostacoli, tra appuntamenti mancati e scadenze centrate per miracolo.
Quando l’arrivo di tre figli, quasi in contemporanea, ha fatto saltare anche quei pochi schemi che c’erano – si stava svegli di notte e non si dormiva di giorno, le lavatrici si accumulavano perchè non c’era tempo di stendere, andare a fare la spesa con un neonato, un bambino di due anni e uno di poco più di tre, era una missione di guerra e, se andavo da sola, una corsa contro il tempo – ho cominciato ad affondare.
E mentre le onde della mia vita familiare senza controllo e senza regole si abbattevano sulle mie giornate, ho capito che le routines ci avrebbero salvato tutti, a dispetto di quello che “Confidenze” mi aveva inculcato in testa a colpi di bigodini.
Il mio viaggio nell’organizzazione è iniziato così, con la creazione di tre semplici sequenze: una mattutina (vestirsi – tutti quanti, svuotare la lavastoviglie, fare una lavatrice), una pomeridiana (stendere la lavatrice, preparare la cena) e una serale (svuotare il lavello, caricare la lavastoviglie, preparare i vestiti per l’indomani).
L’idea non è mia, ma di Flylady, alias Marla Cilley, casalinga deragliata che, dopo aver ritrovato la retta via, ha messo gratuitamente a disposizione di altre donne in difficoltà il suo geniale sistema di organizzazione domestica basato su facili routines che si declinano sulla giornata, sulla settimana e sul mese.
E’ così che le routines sono diventate la struttura portante della mia famiglia, un secondo cervello, un’invisibile Mary Poppins che ci sveglia, svuota la lavastoviglie, fa la spesa, il bucato, passa in lavanderia, riordina e pulisce, mentre noi genitori lavoriamo, ci dedichiamo ai bambini e liberiamo tempo per ricaricare le energie e fare quello che più ci piace.
Alla base c’è un concetto molto semplice
Perchè perdere tempo ed energie per pensare ogni volta da capo a cosa deve essere fatto ogni giorno, in quale momento e in quale ordine per rendere più scorrevole la vita quotidiana? Basta fare lo sforzo una volta sola e si risolvono un sacco di problemi.
Possiamo impiegare il nostro tempo in una maniera migliore che non sia correre dietro a tutto “come un pollo senza testa” (pittoresca frase di Marla!)
E’ lo stesso concetto che abbiamo già trattato nella delega: evitare inutili dispersioni di energie in attività a basso valore aggiunto per poterle concentrare in occupazioni che fanno la differenza nella nostra vita.
Il vero plus delle routines è che una volta impostate, ci aiutano a rimanere sui binari anche in periodi di stress, stanchezza o confusione; in caso di eventi imprevisti che rivoluzionano la nostra giornata, possiamo scendere e risalire dal treno delle routines senza nessun problema, riprendendo esattamente dal punto in cui abbiamo lasciato.
Avere dei ritmi prestabiliti, non significa che non si possa improvvisare o che la vita diventi noiosa e prevedibile: avere un percorso già tracciato, non impedisce infatti di fare deviazioni per ammirare un bel panorama!
Hai mai pensato al potere positivo delle routines o sei stato condizionato anche tu, come me, a vederne solo i lati negativi? Hai mai adottato delle consuetudini per semplificarti le giornate? Raccontami cosa ne pensi nei commenti!
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Q come Quotes (incitanti citazioni)
Le citazioni sono importanti, condensano in poche parole contenuti che vanno dritto al cuore. Nell’organizzazione, così come in ogni ambito legato alla crescita (personale, professionale) se ne fa largo uso. Parlano per noi, ci aiutano, ci sostengono, ci indirizzano.
Quella che segue è una lista delle mie cinque citazioni preferite: in cima alla lista naturalmente non può che esserci quella che ha ispirato Imperfetto Ordine.
L’organizzazione non riguarda la perfezione: riguarda l’efficienza, la riduzione dello stress e del disordine, risparmio di tempo e denaro e miglioramento della qualità della vita complessiva”
C. Scalise, Professional Organizer
Perchè l’ho scelta: come abbiamo già visto, spesso si tende a confondere l’organizzazione con la perfezione o la rigidità mentale e ad identificare le persone organizzate come “perfettine” e maniache dell’ordine. L’organizzazione non serve a nulla se non è orientata al miglioramento della qualità della vita e se non è finalizzata a trovare il tempo per le nostre priorità.
“Nel riordino, l’importante non è scegliere cosa buttare, ma cosa tenere.”
M. Kondo, “96 lezioni di felicità”
Perchè l’ho scelta: quando riordiniamo siamo sempre ossessionati dall’idea di dovere eliminare (buttare, donare, riciclare), cosa che scatena spesso una certa ansia, mentre ben più importante sarebbe in realtà chiedersi cosa vogliamo tenere. Il criterio di scelta che sta alla base può essere rappresentato dalla gioia che un certo oggetto è ancora in grado di donare, come insegna la Kondo, oppure dalla sua funzionalità o utilità, non fa molta differenza, l’importante è mantenere il focus su ciò che scegliamo di continuare a mantenere.
“Che cosa faresti, se non avessi paura?”
S. Johnson, “Chi ha spostato il mio formaggio?”
Perchè l’ho scelta: credo che questa frase sia molto potente, forse perché è così breve, così immediata. Sta di fatto che tutte le volte che la leggo ho l’impressione di ricevere una scrollata! Il libro da cui è tratta parla di cambiamento, della paura che spesso ci accompagna quando lo subiamo e di quella che ci frena quando a voler cambiare invece siamo noi. In ambito organizzativo ho incontrato questa paura molte volte, dietro a un abito, a vecchie foto, alla confusione sugli scaffali. La paura è come uno schermo opaco che sta davanti al cambiamento; si può intuire la forma del nostro futuro, ma solo togliendola di mezzo si vede con chiarezza!
“Il disordine non è solo roba sul pavimento. E’ qualsiasi cosa che sta fra te e la vita che vuoi vivere.”
Peter Walsh, Professional Organizer
Perchè l’ho scelta: questa frase va proprio a braccetto con quella precedente. Le persone sono spesso bloccate dalla paura non solo di lasciare andare, ma anche di dover prendere decisioni che rendano possibile la trasformazione. Liberarsi di vestiti che, anche se sono ancora della nostra misura, non ci rappresentano più, ha molto a che fare con il lasciare andare la persona che siamo state, accettare quello che siamo oggi e dare spazio a chi vorremo essere domani. Il disordine, poi, toglie energie e confonde i pensieri; tutto il marasma che abbiamo intorno non fa altro che tenerci inchiodati fra passato e presente, nella staticità di una sicurezza che è solo apparente e che, sotto sotto, non desideriamo più.
“Non ho tempo” è la versione adulta di “Il cane ha mangiato i compiti.”
Anonimo
Perchè l’ho scelta: questa citazione riassume perfettamente il senso dell’età adulta, quando diventi il genitore di te stesso e ciò nonostante continui a raccontar(ti) balle come se avessi ancora 8 anni! Dietro a questa frase si nascondono le scuse più bieche per non fare quello che in fondo, ma neanche tanto, sappiamo di dover fare. Questa citazione mi ha chiarito il vero significato della parola “priorità”. Da piccola mi chiedevo di quali “cose importanti” sarebbe stata piena la mia agenda di adulta; ora che lo sono diventata, scopro con amarezza che, spesso, la mia lista è piena sì di priorità, ma di altri! Allora “non ho tempo” diventa un comodo alibi per non mettere in discussione gli equilibri, per non impegnarsi più di tanto e per non cambiare ritmi e abitudini dannose, scaricando all’esterno la responsabilità.
Queste erano le mie “top five” citazioni di organizzazione preferite, quali sono le tue? Condividile con me!
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P come Pianificare (già lo fai, ma non te ne rendi conto)
Nonostante il nostro cervello sia una macchina creata per pianificare e “prevedere” il futuro in maniera pressoché continua, alcuni di noi trovano estrema difficoltà nel farlo in modo sistematico.
Dal momento in cui apriamo gli occhi fino a quando andiamo a dormire il nostro cervello non fa altro che progettare e immaginare il futuro: dal prossimo istante (finisco la relazione e mi prendo un caffè/ ora faccio la lavastoviglie poi telefono a Marta) a interi mesi o anni (dopo il diploma mi iscrivo a medicina/entro i prossimi cinque anni voglio cambiare lavoro)…pianifichiamo perfino i passi che stiamo per fare con i nostri stessi piedi, per evitare di cadere o inciampare per le scale….pianifichiamo continuamente, ma lo facciamo per lo più in maniera inconsapevole.
Sembra strano, ma essere coscienti del processo che sta dietro a certi atti che svolgiamo automaticamente non è scontato. Per alcuni riuscire a smontare questo automatismo e saperlo ricomporre in maniera consapevole può risultare abbastanza difficile (io sono una di quelli, per esempio).
Tuttavia la capacità di programmare è importantissima e la sua carenza è spesso causa di grossi guai! E visto che è un’abilità innata che, più o meno, tutti abbiamo, altrimenti ci saremmo già estinti, vediamo insieme qualche consiglio per iniziare a farlo in maniera intenzionale.
Come pianificare
1. Trovare il momento giusto
Pianificare è un’abitudine e come tale si può apprendere: per facilitare il processo possiamo darci qualche piccola regoletta come scegliere un giorno alla settimana da dedicare a questa attività (possibilmente sempre lo stesso), per esempio la domenica mattina mentre sorseggiamo il caffè oppure una sera con calma durante la settimana. E non occorrono due ore libere; un timer e 15 minuti di tempo sono più che sufficienti.
2. Cosa pianificare
All’inizio è meglio partire con una pianificazione minima, che riguardi cioè poche cose. Col passare del tempo poi, quando programmare sarà diventata una piacevole abitudine, possono essere via via aggiunti altri step; ad esempio, possiamo cominciare con il trascrivere su un planner le attività settimanali della famiglia e in un secondo momento provare ad aggiungere cose più complesse, come la pianificazione dei menu.
Oppure, al lavoro, possiamo cominciare decidendo a priori quali giorni dedicare a una determinata attività e quali ad un’altra, a seconda del “carico” prevedibile del lavoro.
Ad esempio il lunedi, si sa, è dura per tutti, tuttavia siamo sicuramente “più freschi” che non il venerdi, giorno in cui il cazzeggio ha più probabilità di manifestarsi e di mandare all’aria i nostri preziosi piani come farebbe un diabetico in gelateria! Potrebbe pertanto avere senso concentrare le attività più impegnative nella prima parte della settimana e quelle più leggere o ripetitive verso la seconda parte; un grande classico della vita d’ufficio, non a caso, è fare l’archivio di venerdi! 🙂
Quando diventeremo cintura nera di pianificazione, potremo azzardarci anche ad organizzare la scansione dell’intera giornata.
3. Dal generale al particolare
Finora abbiamo parlato di pianificazione soprattutto legata ad attività di “routine” (lavoro, famiglia), ma come dobbiamo comportarci se si tratta invece del raggiungimento di un particolare traguardo?
Prendiamo come esempio la frase “voglio essere più in forma”: per pianificare correttamente un obiettivo di questo tipo è necessario tradurre queste parole in qualcosa di specifico, misurabile e realistico, come per esempio “entro il prossimo anno voglio riuscire a correre per dieci chilometri” , oppure “voglio dimagrire 5 chili in tre mesi” spezzando il percorso in piccole tappe in modo da verificare in ogni momento quanto siamo vicini alla meta e aggiustare il tiro.
E se non ce la faccio?
Significa solo che non hai ancora trovato il momento o il sistema giusto per te, oppure che l’obiettivo che ti eri posto non era realistico o ben formulato. L’importante è quindi cambiare giorno, sistema o rinegoziare le condizioni, senza fare scattare nessun brutto giudizio su noi stessi. Del resto alla lettera P dell’alfabeto dell’organizzazione ci sono anche le parole “Personalizzare” e “Perdonarsi”! 😉
Ti piace pianificare oppure la trovi un’attività barbosa? Hai mai provato ad accostare il momento della pianificazione a qualcosa di piacevole come il tuo telefilm preferito o una tisana rilassante? Sono curiosa, fammi sapere nei commenti cosa ne pensi!
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O come Oli Essenziali (che aiutano a essere più organizzati)
Arrivati fin qui abbiamo capito che l’organizzazione è un modo di essere più che un traguardo, è un viaggio che si può percorrere con tanti mezzi, uno dei quali è rappresentato appunto dagli oli essenziali.
Cosa accomuna oli essenziali e organizzazione?
Chi ama l’organizzazione prima o poi si imbatte negli oli essenziali, un po’ per il legame con l’ordine e la pulizia, sempre più ecologica, un po’ per il desiderio di mantenere un equilibrio fra il nostro mondo esteriore e quello interiore.
L’organizzazione è in grado di migliorare tantissimo la qualità del tempo trascorso in casa o al lavoro grazie ad ambienti ordinati, puliti e funzionali, oggetti al proprio posto e in giusta quantità; gli oli essenziali agiscono amplificando tale sensazione di benessere o stimolando la migliore risposta a uno stato di apatia, aggressività o spossatezza fisica e mentale.
Perciò, quando l’aria, a casa o in ufficio, si fa “pesante” o c’è bisogno di uno stimolo a produrre di più o meglio, gli oli essenziali rappresentano un validissimo aiuto, perchè permettono di agire direttamente sull’ambiente e sullo stato d’animo, nostro e di chi, volontariamente o meno, trascorre insieme a noi il proprio tempo.
Gli oli essenziali…essenziali!
Secondo Valerie Ann Worwood, autrice di “Guida Completa all’Aromaterapia” gli oli più utili e versatili da tenere a portata di mano, sono dieci: camomilla, eucalipto, chiodi di garofano, geranio, lavanda, limone, menta piperita, rosmarino, tea tree e timo.
Tralasciando quelli dalle proprietà spiccatamente curative, vediamo quali sono le essenze da tenere a portata di naso per “cambiare aria” a casa e in ufficio, da usare soli o in combinazione tra loro, facendo leva sugli effetti emozionali per stimolare la produttività o per calmare un collega particolarmente bizzoso!
Camomilla: indicata per gli stati nervosi e depressivi, sedativa e calmante. Adatta per tutti coloro che si alterano facilmente, i collerici, gli scontenti cronici. Armonizza bene con Lavanda.
Eucalipto: deodorante, rinfrescante, antivirale. Aumenta la concentrazione e stimola il pensiero logico. “Raffredda” gli animi eccitati. Armonizza bene con Limone e Lavanda.
Lavanda: antidepressivo e sedativo, antistress, allevia la tensione premestruale. E’ in grado di neutralizzare gli umori estremi ed è di aiuto alle persone che faticano a trovare il proprio equilibrio. Armonizza bene con Limone, Camomilla, Eucalipto, Menta.
Limone: tonico, rigenerante. Favorisce la concentrazione, la comprensione e la memoria. Utile per chiarire le idee nei momenti di indecisione e conflitto interiore. Stimola la concentrazione e apporta gioia nel lavoro intellettuale. Armonizza bene con Lavanda, Eucalipto e Rosmarino.
Menta: utile contro l’affaticamento mentale e antistress. Stimola la concentrazione e la memoria. Armonizza bene con Eucalipto, Lavanda e Rosmarino.
Rosmarino: stimolante fisico e mentale, antistress. Stimola il raccoglimento e la concentrazione. Potenzia lo studio, soprattutto per quanto concerne nozioni, numeri e nomi. Armonizza bene con Menta e Limone.
Piccola bibliografia per approfondire:
- Valerie Ann Worwood, “Guida Completa all’Aromaterapia”, Macroedizioni;
- Julia Lawless, Enciclopedia degli oli essenziali, Tecniche nuove;
- Susanne Fischer-Rizzi, Profumi celestiali, Tecniche nuove.
Bene, ora non resta che fare qualche piccolo esperimento, mettendo qualche goccia su un fazzolettino o un batuffolo di cotone, scommetto che le cavie non mancano!
Avevi mai pensato alla possibilità di influire sull’ambiente circostante o sulle tue facoltà intellettuali con gli oli essenziali? Prova, e fammi sapere nei commenti come va!